giovedì 5 novembre 2015

Alcune parole da un Maestro

Qualche giorno fa, ho avuto la fortuna di incontrare (nuovamente ma stavolta in anche più personalmente) qualcuno che, con la semplicità, intelligenza e sincerità che mette nel suo lavoro ogni giorno, è per me un prezioso esempio di Insegnante e Uomo.
Avrete sentito parlare (?) dello scrittore palermitano Alessandro D'Avenia, docente di lettere a Milano, autore di tre romanzi il cui ultimo sulla storia di Padre Pino Puglisi: "Ciò Che Inferno Non È". Pattuito che l'ultimo libro VA letto, non mi interessa di cosa scriva. Potrebbe scrivere, dico sempre, quando parlo di lui, monnezza coi piedi in arabo, ma quando parla... parla. Parla con una profondità ma chiarezza inaudita. Parla ai giovani, che rimangono incantati (adolescenti incantati davanti a qualcosa che non sia uno schermo luminoso!!!) e scossi. Parla agli adulti, che rimangono scossi e incantati. Entrambi, sinceramente, commossi.

Vorrei riportare qualcosa che renda giustizia al modo che ha di parlare di sé e del mondo, di ciò che ci sembra astratto (ma non lo è) e di ciò che ci sta a cuore. Allego l'unico link trovato di quel giorno della scorsa settimana, attendendo la pubblicazione integrale sui social dell'intervento per intero.

https://www.youtube.com/watch?v=lfxhHruKtrk

Ma questo è il video che mi ha fatto innamorare. Se avete tempo, credo vi cambi la visione sulla vita.

https://www.youtube.com/watch?v=_1QbvVxWMrA

domenica 3 maggio 2015

Si parte?

Sì, si parte.
Forse.

Si parte spesso; di testa, poi, son sempre partita.
Ma questo anno comincia col botto; il botto di delusione, di rammarico, di disillusione e di speranza in qualcosa di completamente nuovo e diverso: me.
Devo vivere per me, e fare cose per me, e scelte per me.

Così ho aperto delle porte, per me. L'Erasmus, le vacanze, un viaggio studio.
Io.
A prescindere da te, da come avresti reagito, da cosa avresti voluto.
Perchè  in funzione di se stessi che bisogna vivere, e nessun altro.

Questo post sembra scontato, a tratti sciatto, pieno di quelle frasi trite e ritrite da blog, pagine FB e indipendenti femministe. Ma non sono qui a far propaganda: come sempre, tra queste pagine, voglio fare un appunto a me stessa, condividendolo con chi, ancora, ogni tanto passa (?).
E se sono dette e ridette, un motivo ci sarà; d'altronde, non c'è cosa più facile, per gli animi sensibili, che farsi scavalcare. Che prendere tutto l'amore che hanno e ricoprire qualcuno che neanche se ne accorge. E farselo andar bene. Per un po'.
E per me?

Dopotutto, pensavo che anche tu saresti stato qualcosa "per me".
Ma mi sto perdendo; e niente che ti allontani da te stessa invece che avvicinarti a chi sei davvero può essere buono, sano o consigliabile.

Non lo so.
Non lo so mai, su di noi.
Che anni di non-conoscenza. (!)

Intanto, parto.
Domani, una settimana, Monaco di Baviera.
Per me.

lunedì 29 dicembre 2014

Sta per finire il 2014...

... e io non so niente.

E' passato, quest'anno? E' passato nel senso che è stato vissuto ed è diventato ciò da cui dovrei imparare? Ma come?!
Non so chi sono, o cosa voglio, o cosa ho voluto, e cosa vorrei poi.

Ho passato metà anno a piangere sulla persona che ho lasciato, e l'altra metà a perderne un'altra.
Oh, e piangerla ovviamente.

Mi è sembrato, sin dal suo pessimo inizio, un rincorrersi di sbagli, aspettative, tempi che non erano giusti, fraintendimenti, rotture, incomprensioni, comprensioni, sbagli ancora, danno e beffa, attesa, attesa, incoerenza, falsi chiarimenti, attesa.
Ho atteso ed è finito l'anno. Un anno, ribadisco, che ho più perso, che passato.

Sono arrivata alla fine a mani vuoti; dopodomani è questo fantomatico capodanno che, salvo miracolo (non ci credo più), sarà il coronamento del niente che siamo diventati dopo esserci voluti, nel modo sbagliato, per tanto tempo.

Per questo anno nuovo ho un desiderio: slegarti dalla mia aspettativa di felicità.
Ad maiora. Semper.

C.

Colgo l'occasione di fare gli auguri a chi, nonostante tutto, si ricorda di passare. :)




mercoledì 3 settembre 2014

Io ti giuro. Che è ingiusto.

E' ingiusto!
E' illegale, dilla come vuoi.
Sentire così estranea una persona e allo stesso tempo, con quella penetrante sottigliezza che solo le antitesi esistenziali hanno, sapere di avere condiviso così tanto.
TANTO.
PER TANTO TEMPO.

Non ti conosco affatto.
E perdo la voglia di scrivere, di cercare le parole perchè mi dico "Che conta? Non gli dovrebbe interessare, non vale certo la pena."
Ah!
Mi sto davvero attaccando a tutto ciò che sei sempre stato per me, tutto rigorosamente nei ricordi, perchè non c'è nient'altro, ora, per cui varrebbe la pena impegnarsi. Tanto che, infatti, tu non lo stai facendo.

Ma che problema ho, io?

Questa è l'ultima. Questo discorso che mi sto preparando. E' l'ultima occasione.
Perchè fai così? Perchè ti distacchi? Perchè non riesci a dirmi in faccia cosa (non) vuoi? Perchè baciarmi e poi fare finta di niente? Perchè dire di tenerci e poi lasciar correre? Perchè, allora, non sparire? Perchè dobbiamo finire male, per forza?
Macerie, resti.
L'ultimo discorso.
Fammi vedere che ci stai dietro, o non rimarrò da sola a tirare una corda.
Che infame sei, e che codardo.

Ma sono ancora qui.



mercoledì 27 agosto 2014

"Col senno di poi"

una tragicommedia infinita regia e interpretazione di me stessa.
E' una frase che diciamo sempre, no, "ah, col senno di poi..." e lo sappiamo in fondo che "coi se e coi ma strada non si fa" e che ripensare adesso a come le cose sarebbero potute andare se solo avessi fatto un gesto o una scelta diversa non porta a un miglioramento del presente.
Ma non riesco a darmi pace.
Col senno di poi... cosa avrei rischiato.
E cosa avrei vinto.

Ma perchè non ho saputo leggere prima le mie emozioni e le intenzioni? Perchè ho dovuto trattenermi e complicarmi fino all'ultimo, fino allo stremo di qualsiasi altra cosa buona fosse possibile? Perchè ero così bloccata? Perchè non conosco per niente la me che voglio essere e non riesco a riconoscermi ora nella me del passato? 
Se gli sbagli che facciamo ci portano alla conoscenza di noi stessi ho proprio sbagliato strada.

Un sentiero tortuoso, accidentato, sofferto, assurdo, troppo lungo, per arrivare con niente in mano. 
Biasimare te? Biasimare me?

Nessuno ha colpa.
Solo rimorso.

lunedì 23 giugno 2014

Dovresti studiare, e tanto

invece apri quel libro che da mesi non finisci e vuoi distrarti un attimo dalla vita. Perchè è quella che soffoca, non lo studio.
"Cosa c'è che non ti fa dormire, gli esami?"
"Sì... noi e gli esami"
Soprattutto noi. Sempre noi. Un "noi" che mi ha fatto traballare, piangere, sperare, bramare e adesso, diocccristo, mi sembra svuotato di tutto. Ma cosa abbiamo? Ma cosa abbiamo mai avuto? Ma che accidenti ho visto e inseguito tutto questo tempo? Lo voglio, lo rivoglio indietro. Voglio che ci sia e voglio che funzioni. Perchè forse la scelta migliore è darci un taglio e "Ehi, non può andare più in là di così, restiamo amici". Ma io non voglio.
Come dite voi, ragazze, come so benissimo io, le situazioni in bilico non possono portare a niente di buono. Devo fare un passo. Ma quale? Ho solo la netta, pessima, impressione che sarà un errore.
Comunque, dicevo, ho aperto il libro.

"Tu lo sai che sono un po' lenta, tanto più se paragonata a te. Ma da ieri la mia mente si va schiarendo e capisco facilmente cose che prima mi sembravano complicate. Per esempio, che in nessun caso vorrei voltare le spalle a quello che c'è tra noi. Sono disposta ad aspettare quanto occorre, quanto ti occorre. Perchè "quello che c'è tra noi" merita l'attesa. Anzi, c'è tempo. Così mi sembra oggi. Yair, non credo tu sia la persona in grado di guarirmi dalle ferite interiori; ma forse, in questa fase della mia vita, non ho tanto bisogno di un medico quanto di una persona che ha una ferita simile alla mia."
(David Grossman, Che tu sia per me il coltello)

?



domenica 8 giugno 2014

"Sali un attimo?"

"No guarda - fa lui scostandosi dalla porta - filo a casa che è già tardi... ci sentiamo."
Due baci veloci per salutarsi, si gira e cammina verso la macchina.
Lei resta a guardare la sua schiena, senza sorridere. La strada è poco illuminata, si distinguono i capelli e il profilo del giubbotto, di spalle potrebbe essere chiunque; un passante, un amico che saluta e torna alla sua vita, come niente fosse.
E' ora di entrare in casa, Claudia. Cosa stai aspettando ancora?
Cosa aspetta? Niente, sarebbe la risposta giusta. Stasera, come diverse altre sere precedenti, non doveva succedere niente: si esce con gli amici, si fa la strada insieme per raggiungere gli altri, si chiacchiera, si sta in silenzio e, tranquilli, ci si dà la buonanotte fino al prossimo weekend. E ci si manca, fino al prossimo weekend. A lei, a dirla tutta, mancava già. Già dal momento in cui aveva girato sui tacchi senza guardarla; già dalla settimana prima, in realtà. 
Qual è il problema, mi chiedo, vi siete visti, no? Avete detto le vostre cazzate, no?
Sì, sì, era andato tutto bene, si ripete. E cosa pretende, allora? Anzi, cosa attende? C'è quella sensazione scomoda alla bocca dello stomaco, come se ti avessero preso via un pezzettino e non avessero rimesso le cose a posto. Un piccolo vuoto, lì sotto il cuore, vicino ai polmoni, che alimenta sospiri ed è così facilmente ignorabile. Di solito. 
Eppure va tutto bene, non c'è niente che deve cambiare, perchè non sei contenta?
Non c'è niente che deve cambiare...? Ci teniamo in un equilibrio stretto, innaturale... a tratti soffocante. Ma ci siamo sforzati tanto per mettere in chiaro questa condizione di "via di mezzo", no? 
Ripensa a loro. E all'ultimo mese. Ripensa a come sono riusciti, finalmente, a parlare, ad aprire il cuore ed ammettere, lei per prima, quello che le passava per la testa. Che razza di rapporto abbiamo, era la domanda. Una bella domanda. C'è qualcosa? C'è del sentimento? Innegabile. Ma abbastanza da portare a...? No. Questo no. Solo a pensarci era ansia, e problemi, e un intero quaderno di ragioni sul perchè non dovevano stare insieme. Ma amici... mai. 
Allora? Si erano chiesti. Allora si vede. Io, te, il tempo e le vicende... per ora una cosa: non so cosa voglio diventiamo, non so cosa possiamo diventare, ma so quanto ci tengo e so, finalmente, cosa passa per la testa anche a te.
All'inizio era stata molto fiera di questo risultato. Si erano detti la verità, non dovevano nascondere, non dovevano farsi duemila paranoie su cosa mai potesse l'altro intendere o pensare ad ogni messaggino, sorriso, domanda. Si poteva stare sereni, adesso, tranquilli. Le cose avrebbero fatto il loro corso e loro sarebbero stati tranquilli. 
E' stato l'equilibrio perfetto. Per circa quindici giorni. 
Ma le cose non si risolvono finché non lo fai tu. Loro possono prendere certe pieghe, vedere come reagisci, costringerti a certe decisioni... ma non vanno al loro posto da sole. Ed è stato così che anche ribadendo che, ehi, adesso ci diciamo tutto, eh, adesso ci sentiamo senza problemi, adesso ci siamo chiariti... le paure sono tornate, le ansie, le scocciature per ogni parola non colta, per ogni messaggio non risposto, per ogni uscita che le ribaltava la prospettiva e le faceva pensare "Ehm, forse non pensa quello che pensavo pensasse...".
E adesso che, di nuovo, lui andava via, lei non era serena. Nè tranquilla. Nè, tantomeno, contenta. 
Ma come fare. Non stai bene nella via di mezzo, ma allo stesso modo nessuno vuole sbilanciarsi, per terrore di cadere dall'altra parte.
"Riccardo."
Lui si ferma, aveva fatto appena sei passi.
"Penso solo a te, sempre a te, e non so cosa dovrei fare."
Pensa anche un'altra cosa, in realtà: pensa che non funzionerebbero mai, insieme, neanche un po'. Che è un rischio da non prendere. Lo sa già. E stava per dirlo.
Sta per dirlo ma lui si è girato, ancora, e stavolta la guarda.
Brucia quei passi tra di loro e le è davanti, sempre guardandola.
E prima che possa uscire la seconda frase, le prende il viso, attirandola a sé, non permettendole di aggiungere altro. 

Forse lui non la pensava così. 
O forse lo temeva un po',
oppure lo sapeva ma, semplicemente, non gli interessava.

C.